Cashmere

Come le pecore, anche le capre iniziarono ad essere addomesticate in Mesopo tamia e di qui si diffusero durante il Neolitico, con i primi pastori ed in seguito agricoltore, nel continente Europeo e Asiatico, dove si sono concentrate in maggiore quantità, perché l’animale è molto resistente e sopravvive nei terreni più impervi e con alimentazione anche poverissima. Nel tempo si sono sviluppati due tipi di capre: a pelo lungo ed a pelo corto. La taglia è di 55/65 cm alla spalla, peso 25/40 kg secondo l’età e del sesso.
Le capre a pelo lungo hanno un doppio manto: uno esterno di peli ordinari 30/50my e lungo 120/150 mm prodotto da ghiandole pilifere primarie che serve da protezione contro gli agenti esterni ed uno interno molto fine 14/20my (n base all’età, sesso, regione e razza) e corto 30/50 mm prodotto da molte ghiandole secondarie, come isolante termico. Il sottopelo è comunemente chiamato “Cashmere”, sembra che il nome derivi dal Kashmir, perché questa regione era attraversata dalla “via della seta” che dall’antica capital‚è Xian giungeva a Roma imperiale. L’area di maggiore diffusione va dal Medio Oriente alla Corea seguendo la fascia montagnosa e desertica dell’Asia Centrale.
Infatti, i più importanti produttori di Cashmere sono la Cina, l’Iran/Afganistan, Mongolia ed esiste una piccola produzione nei paesi confinanti ed ora anche in Australia e Nuova Zelanda. Si ha notizia di commerci tra la Cina ed il Medio Oriente ancora prima della dinastia Han (206 a.c. – 220 d.c.). Si trattava essenzialmente di una rete di carovaniere che collegavano oasi e città Commerciali e il trasporto avveniva a dorso di cammello, di yak e di mulo. Dato il costo del trasporto su dei cosi lunga distanza, si caricavano solo merci di gran valore: seta dall’Oriente e oro dall’Occidente. Nel XV° secolo nel nord dell’India/Kashmir c’erano già 60.000 addetti alla filatura del Cashmere. Nei primi ottocento viaggiatori europei cominciarono ad acquistare scialli e tessuti fatti a mano provenienti dal Kashmir.
Il ciclo stagionale delle capre a doppio manto ha una crescita del pelo che inizia e si sviluppa in estate, rallenta in autunno e si arresta in inverno, quindi si stacca in primavera nel periodo della muta. La raccolta del Cashmere avviene in primavera inoltrata durante la muta, sia pettinando la capra ed asportando con un pettine ad uncini la fibra che affiora sul manto ordinario, sia mediante la tosatura. Successivamente il pelo così raccolto viene suddiviso per colore dal bianco al bruno scuro e poi lavato e passato su macchine ejarratrici che separano la fibra fine dalla fibra ordinaria; le rese possono variare da 60/65% al 5/8% a seconda del metodo di raccolta, pettinatura o tosatura, e naturalmente dalla razza e dalla zona di origine. La quantità di fibra fine ricavata pro-capite dipende ovviamente anche dal sesso e dalla razza e può variare da 25 grammi a 500gr in sucido.
Il pelo fine viene ovviamente usato per la produzione di tessuti e maglie di altissimo pregio, mentre il pelo lungo ordinario viene usato per interfodere ed in Medio Oriente viene filato e ritorto, ancora oggi, a mano per la produzione di tende per i nomadi. Si tende ad allevare le capre in aree libere e povere di foraggio, quindi economicamente arretrate mentre si preferisce promuovere l’allevamento di bovini, suini ed ovini in aree più fertili. Le greggi sono di circa 40/50 capre ciascuno e nelle aree pianeggianti pascolano nella bella stagione con pecore e cavalli accuditi da pastori sempre in cerca di nuovi pascoli, mentre in inverno vengono raccolti in prossimità di poveri villaggi in ripari approssimativi e alimentati con fieno, paglia, steli di mais. Come per la lana un’alimentazione povera produce una fibra più fine e più corta, ovviamente in minore quantità.
Per quanto detto, la maggioranza del cashmere proviene da zone socialmente e culturalmente arretrate, dato che nonostante gli alti prezzi dei prodotti finali, in origine la capra produce pochi grammi ed il tempo impiegato per la raccolta è di circa mezz’ora per capo. Fortunatamente la carne e la pelle danno più profitto per l’allevatore. Il cashmere in origine per la maggior parte viene raccolto alla meglio in imballi di fortuna: tessuti di cotone usati, sacchi usati di polipropilene per granaglie o fertilizzanti. Negli ultimi anni i paesi produttori di cashmere tendono a non più esportare il prodotto in sucido cosi come viene raccolto, ma vogliono effettuare tutte le lavorazioni successive fino al prodotto finito, per ricavare il maggiore valore aggiunto possibile.
Al momento i maggiori produttori di cashmere: Cina, Iran e Mongolia ne esportano la maggior parte ejarrato localmente ma, a parte alcune ottime produzioni dell’Inner Mongolia, molto del prodotto esportato risulta essere inquinato da fibre sintetiche e vegetali per la poca cura e nessuna conoscenza dei problemi che la contaminazione provoca nei prodotti finiti. (Senza contare le vere e proprie frodi commerciali). In Australia e Nuova Zelanda nell’ultimo decennio è iniziata la produzione di cashmere ed è stato sperimentato che negli allevamenti di pecore si possono introdurre il 10% di capre con un notevole miglioramento del pascolo, dato che queste preferiscono nutrirsi di arbusti di lappole prima che di erba e la lana delle pecore risulta di conseguenza più pulita. Data la grande esperienza degli allevatori di Australia e Nuova Zelanda si ritiene che la qualità la quantità prodotta miglioreranno fortemente negli anni a venire.